Femmes, Donne Elettriche

( Edizione Limitata 2000 copie, Stamperia Artistica Nazionale, Torino giugno 1986) 


Nel 1986, due anni dopo l’esperienza Jazz del torello verde, si è replicato il sodalizio con Pier Tancredi De-Coll’. Entrambi abbiamo sentito la necessità di ritrovarci insieme in un progetto artistico; l’anima della nostra esperienza creativa non era per niente esaurita, anzi il contrario.  

Si trattò di una spinta forte e feconda. Ripresi dunque la via serale che mi conduceva alla casa collinare dell’amico, portando altri testi estratti da altri quaderni e cartelline. Pier scese in città a lavorare nella mia ‘stanza gialla’. Sul principio della nuova officina immaginammo un fantomatico ‘Giro d’Italia’, ciclistico, improbabile e sfrenato, animato da personaggi gaddiani e felliniani, scritto e disegnato a quattro mani.

E, per la verità, iniziammo a imbastire arguti quadretti resi vivi dai tratti a china di Pier e dopati da mie improvvisazioni letterarie. Questo spaccato di caratteri e storielle italiane sembrava assai promettente e forse meritava di essere portato a conclusione.  

In quel periodo Pier era impegnato, per conto dei quotidiani LA STAMPA e STAMPA SERA, a disegnare vignette calcistiche a commento delle azioni cruciali del campionato di Serie A. Il nostro abortito ‘Giro d’Italia’, nelle intenzioni che lo stimolarono, voleva espandere e stravolgere il ‘fumetto’ tradizionale, faceva tesoro della dimestichezza di Pier a cogliere l’attimo fuggente degli atleti in gara, poteva contare sul mio funambolismo inventivo e ne veniva fuori una cronaca di fantasia sfrenata, scapigliata, in grado di ritrarre aspetti ruspanti dell’italianità più autentica. 

Ma fin dai primi incontri ci rendemmo conto che l’argomento della femminilità, già ben collaudato nel Jazz del torello verde, prendeva piede e si autodefiniva escludendo tutti gli altri. Infatti Pier mise mano agli acquerelli con l’emozione travolgente dell’innamorato, sposò i suoi tratti ‘nervosi’ con il colore e diede vita a un repertorio di donne magnifiche.  

Anche in questo caso sentimmo la necessità di determinare un canone alla tipologia delle immagini che, via via, cominciavano a comparire sui fogli di carta. A testimoniare tale evoluzione in corso d’opera restano alcune figure della ‘prima fase’ del lavoro: esse appaiono alle pagine 33, 76, 84 del libro. Queste tre ‘sorelle’ sono sopravvissute alla drastica cernita che abbiamo compiuto. In qualche modo rappresentano la nursery e la rampa di decollo dell’intera avventura inventiva.  

La svolta, lo snodo illuminato, avvenne quando Pier intuì la sua Donna Verde, creatura che prepotentemente desiderò incarnarsi nell’immagine di copertina: da subito pretese quel ruolo di protagonista assoluta e invase i suoi spazi distendendosi impudicamente, incantevolmente, sul cartoncino lucido che veste il libro. Ne prese pieno possesso riaffermando il fascino attuale e incorruttibile di una Maja Desnuda. 

Il mio compito era quello di scegliere testi adatti o scartare quelli meno interessanti. Li sottoponevo a Pier, insieme facevamo il gioco, io a leggere lui a dipingere. Come musicisti che improvvisano comprendevamo immediatamente, senza malintesi, dove stava la vena aurea e la cercavamo con il fiuto animale dell’artista.  

Alle volte, leggendo, mi mettevo in certe posture per rendere l’idea e quello stimolo faceva volare Pier in una dimensione altra, dove raccoglieva l’immagine di una donna fantastica che attendeva solo il suo gesto pittorico per giungere tra noi a far vivere la nuova pagina.     

Se per il Jazz del torello verde la questione editoriale aveva rappresentato un problema alla nostra portata, questa volta le cose apparivano molto complicate. I notevoli costi della stampa a colori richiedevano una vera e propria produzione.

Non avevamo la minima idea di come procedere. Comunque tentammo una prima stampa in bianco e nero riattivando l’officina artigiana del ‘timorato di Dio’. Comporre e fabbricare con le nostre mani il primo libro era stata una avventura eccitante e sulla base di quella esperienza ci mettemmo al lavoro insieme a Umberto Viani. 

Intanto decidemmo che i testi non andavano scritti a macchina, ma bensì con la penna stilografica, strumento da me molto amato e conosciuto perfettamente, utilizzato come tratto calligrafico di pittura. I miei diari, le mie lettere, i miei quaderni lo testimoniavano. Alcune prove ci confermarono il felice connubio tra la pagina scritta a inchiostro nero e gli acquerelli colorati.    

Preparammo le pagine di Femmes, Donne Elettriche, scegliemmo una carta di peso medio, idonea a essere riprodotta con le macchine fotocopiatrici e montammo il libro. Sulla copertina, mediante un torchio a mano, riuscimmo a imprimere il titolo: una pellicola metallica di colore rosso porpora. A questo punto era nata la prima edizione, in bianco e nero o meglio in scala di grigi, in una tiratura di circa cinquanta esemplari, tutti marchiati da un piccolo ex libris ovale in cui compare il volto di un enigmatico distinto uomo con monocolo e sigaretta e il motto ex tenebris emergo. Tale simbolo, marchio della nostra impresa editoriale estemporanea, è riportato anche nell’edizione definitiva. 

E questa ebbe modo di realizzarsi grazie all’entrata in scena di Lucia Gallo, manager nel settore della Medicina del Lavoro torinese. Da poco tempo avevo cominciato a frequentarla e con lei iniziai una relazione che anni dopo, nel 1992, ci condusse al matrimonio. Lucia, fin dal principio del nostro rapporto, desiderò prendersi cura delle mie opere letterarie e artistiche.  

Occorre una premessa: nel 1986, parallelamente al proprio lavoro, Lucia si occupava di una piccola e sofisticata azienda di moda, la LU GALLO, che aveva messo in piedi e gestiva con sua sorella, sarta, e teneva rapporti di buon livello con personaggi di quell’ambiente. Io le davo una mano per la parte creativa, la scelta dei tessuti, i colori, i testi per i depliant, le fotografie e i video, l’immagine.  

Lucia era entrata a far parte del comitato organizzatore della tradizionale serata di raccolta fondi a favore dell’AIRC, Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro. Propose ai membri di questo comitato di invitare lo stilista Gianni Versace e gestì la non facile operazione che portò alla realizzazione di Stupinigi 3, Serata della Speranza. Versace accettò di portare alla palazzina di caccia di Stupinigi il suo spettacolo-sfilata a prezzo di costo. Lucia stessa trovò gli sponsor necessari. Tra questi individuò la GlenLivet che finanziò il libro Femmes, Donne Elettriche, dono per gli ospiti presenti alla serata.  

La Stamperia Artistica Torinese si occupò della stampa, realizzata in esacromia su ottima carta vergata. Per evitare costi ulteriori (a quel tempo non esistevano i sistemi di fotocomposizione digitale) furono preparate pellicole in rapporto 1/1 degli acquerelli di Pier: pertanto molte figure risultano mutilate rispetto all’originale (che era di varia dimensione, a seconda dei fogli Fabriano disponibili), acquisite solo in quella parte che la pagina poteva accogliere. Solo ‘La donna verde’, dipinta su un foglio di 40×60, fu ridotta alle dimensioni idonee a distenderla per intero sul cartoncino della copertina aperta, una volta aperta. La tiratura fu di duemila volumi, in edizione limitata. Gianni Versace, che apprezzò molto questo libro, scrisse l’introduzione. In prima pagina dedicammo il doveroso ringraziamento a Lu Gallo, ‘regina del labirinto’, a colei che aveva saputo destreggiarsi nella complessità di quell’ambiente riuscendo, contro ogni opposizione, a produrre il nostro libro nella forma editoriale migliore. 

Ciò che non pensavamo fosse possibile era diventato realtà. La sera del 20 giugno 1986 io e Pier De-Coll’ ci presentammo in smoking a Stupinigi. Muovevamo al confine tra il parterre e il parco della palazzina reale come due pinguini frastornati e increduli.  

Il libro Femmes, Donne Elettriche è oggi quasi introvabile, una chicca per collezionisti. E’ strutturato in un’alternanza di 11 brevi racconti e 21 testi liberi che ho fastidio a definire poesie. Si tratta di scritture tratte da miei quaderni, opportunamente selezionate e stilografate con una Waterman Man 100 a pennino tagliato di sbieco. I magistrali 33 acquerelli di Pier De-Coll’, più ‘la donna verde’ della copertina, accompagnano e danzano insieme alle parole d’inchiostro il particolare balletto che nella prefazione descriviamo in modo quasi zen: ‘Non puoi ottenerlo pensandoci. Non puoi ottenerlo non pensandoci’.    

Federico Audisio 

Torino, novembre 2007         


NOTE DI PIER TANCREDI

DE-COLL’, autore degli acquerelli   

Femmes, Donne Elettriche 

Se il “jazz del torello verde” è l’esercizio di un giovane disegnatore sui testi di un giovane poeta, Femmes à altro.  

Femmes è l’esplosione di energia creativa che il nascente artista Federico Audisio di Somma deve trasformare in colori. E chiede all’amico di farsi strumento complice. 

Con lo Zio Piercarlo passavo le sere a parlare di pittura e con Lui a provare l’acquarello, che non sporca la tovaglia ma non perdona l’errore. Per questo avevo i colori ed una certa esperienza ad usarli. Ma sempre senza il coraggio di piegare all’estro i precetti e farne espressione di libertà. 

In ciò fu d’aiuto l’ermeneuta Audisio. 

Non aveva mai dipinto ma sapeva dipingere. Come al solito evocava immagini, luci e colori. Mi diceva “prova a disegnare una femmina fatale, rossa come la brace ma bianca come il diluvio.” Non so come, ma funzionava. Sospinto dall’ebbrezza del visionario mi venne il coraggio di dipingere, cioè chiazzare di macchie intelligenti e ispirate l’immensità del foglio bianco.  

L’Audisio si muoveva come spiritato per “farmi vedere” e rideva di gusto compiaciuto quando dalle serate e i pomeriggi di lavoro, fuoriusciva una immagine luminosa e potente che ci sussurrava, come dicono i pittori, “basta così, tutto è a posto”.  

Presero vita alcuni ottimi disegni, da cui, poi, nacquero le pagine di scrittura gotica e strabordante di fuoco che solo Magic sapeva dove trovare, spesso di notte, e comunque da solo. Scritti che egli seppe poi trasfigurare, nel libro, in forme su carta, quasi pagine dipinte. Femmes divenne contenuto e contenitore, un prezioso oggetto oltre che un libro di pensieri e figure. Tra queste figure c’è “La Donna Verde” l’apice del mio (nostro) saper dipingere. Ho giurato a me stesso che un giorno ci riproverò. 

Torino, novembre 2007