
Pan
(SEM Edizioni, 2021)
CONCORSO MARIO PANNUNZIO 2022
NARRATIVA
Federico Audisio di Somma PAN
1° premio sez. B NARRATIVA – Motivazioni del Premio
Torinese, con laurea in Medicina e Chirurgia, specializzato in Medicina del Lavoro, Federico Audisio di Somma a 42 anni lascia la carriera ospedaliera per dedicarsi sia allo studio e alla professione medica in chiave umanistica, che tuttora esercita, sia alla scrittura. Autore di numerosi romanzi, vince il Premio Bancarella nel 2002 con L’uomo che curava con i fiori, e collabora, fin dal 2006, con il Circolo dei Lettori della nostra città subalpina. Partecipa al concorso multidisciplinare “Mario Pannunzio” 2022 con il testo PAN, in cui il mitico dio, mezzo uomo e mezzo capro, lasciati i suoi boschi, si insinua tra gli umani, “ambiguo e pericoloso” pronto ad osservare i vari inquilini di un palazzo milanese di via XX Settembre, nel terribile periodo della pandemia, quando l’umanità si trova reclusa, suo malgrado, tra le mura domestiche. “Tramontata l’epoca delle urla scomposte, strozzate dalle mascherine protettive- si legge- andò in scena un carnevale in cui ognuno scansava l’altro e temeva di avvicinarlo”. Così via via prendono vita i numerosi personaggi della narrazione, gli abitanti dei vari piani del palazzo, ciascuno con la propria caratterizzazione, il proprio stile, ma segnati tutti da una umanità imbarbarita che la presenza del virus, inequivocabilmente, mette a nudo, caduta la maschera delle circostanze. La verità è che “la vita sfugge alle briglie della ragione”, e infine al dio Pan, sarcastico e beffardo, non resta che allontanarsi dal noioso spettacolo degli uomini, ma non prima di aver forse lasciato loro in dono la pandemia, che altro non è se non la divertita e sardonica manifestazione di se stesso. Il pregevole timbro narrativo di un lavoro squisitamente originale, è contrassegnato da una forma espositiva sapiente, impeccabile, sciolta, che sa dare voce a una realtà dimessa, quale è quella che si dispiega, netta, sullo sfondo del frangente amaro e grottesco della malattia pandemica.
PREMIO NABOKOV 2022
NARRATIVA
PAN di Federico Audisio di Somma
Menzione speciale della giuria
PAN è un romanzo sgorgato spontaneamente dalla reclusione forzata del primo lockdown pandemico. La scrittura è autentica quando risponde a uno stato di necessità, quando non richiede alcuno sforzo per manifestarsi. La verifica di questo stato di grazia è data dalla forza della vena creativa che lo sostiene. Il che non va dato per scontato, visto che chi scrive fa i conti ogni volta con la verità e con la menzogna. Tanti tentativi, bozze, e nuclei di romanzi finiscono in archivio per morte naturale. Feti rachitici che solo l’ambizione di apparire potrebbe rianimare con apparecchiature lessicali, come spesso accade. Ma il trucco sarebbe subito scoperto da un lettore preparato.

Il titolo del romanzo in greco significa TUTTO e diventa emblematico in questo periodo in cui tutti siamo coinvolti. PAN, il dio greco dell’Arcadia, è il narratore di questo libro. Untore e ‘drone’ indiscreto che si intrufola nel palazzo milanese in cui si svolge il racconto. Il Tutto, nel caso del romanzo, evoca la pandemia, flagello mondiale che ha colto di sorpresa Oriente e Occidente. Naturalmente un dio può tutto, e Pan, monello olimpico, si diverte a osservare le disgrazie di tutto il Pianeta, prendendo a paradigma il contrario del tutto, ovvero il particolare di sette alloggi e delle minime esistenze degli individui che li abitano, privati della libertà a causa del morbo Tutto che li ha travolti.

Il narratore è il dio Pan. Nella finzione letteraria il suo linguaggio non può essere umano e mantiene una distanza siderale dalle creature incarnate che descrive. Lascia loro interpretare le meschinità, le paure, l’insofferenza alla reclusione, i dubbi scientifici o le certezze presunte o azzardate. Quando parla Pan si assiste a un cambio di registro, dalla tragedia umana si passa alla commedia mitologica.



Questa diventa universale, fuori dal tempo e dalle circostanze individuali. Eleva la narrazione delle miserie terrene all’ironia feroce che anima i burattinai celesti. In quanto alter ego del narratore ufficiale, autore effettivo o se preferite ‘umile scriba di un dio bizzoso’, ho dovuto trovare la giusta formula nel gioco dei ruoli.

Lo spazio in cui si svolge il romanzo evoca l’architettura delle scale di Escher. Il lettore è accompagnato da Pan all’interno di mondi diversi nello stesso luogo e tempo. La parola mondo significa incontaminato, puro, e la detenzione sanitaria in cui muovono i personaggi, emblematici protagonisti della quarantena, rappresenta il paradosso vissuto da tutti noi. Salendo e scendendo le scale del palazzo, entrando e uscendo dalle sue stanze, è come trovarsi in balia di un incantesimo tridimensionale, un caleidoscopio teatrale, commedia e tragedia allo stesso tempo.

Dal panorama aereo e fiorito della terrazza in attico si viene proiettati in anfratti tenebrosi, architetture dell’animo umano che riportano alle fonti originali dell’ispirazione di Escher, le Carceri d’Invenzione di Giovanni Battista Piranesi. Il romanzo PAN è come illuminato da una poetica della serenità, fuori dal tempo, che rimanda a Goethe e, per certe affinità narrative, alla Montagna incantata di Thomas Mann.

Pan è la sentinella nel canneto, il dio del confine tra il mondo razionale e quello selvaggio. Attira e repelle. Mezzo uomo e mezzo capro, zufola la sua canzone invitando alla selva, là dove si perde ogni sicurezza e si incontra la paura in forma di ‘panico’. Pan rappresenta anche la contaminazione tra l’elemento selvatico e quello civilizzato. L’epidemia da SARS-COV2 è l’espressione materializzata di Pan nella genetica umana, dal pipistrello, mammifero delle caverne oscure, nasce la mutazione patologica che ha infettato il mondo. La potenza degli antichi dei torna a farsi viva nella presunta onnipotenza della scienza umana.

Nel ‘Saggio su Pan’, il grande psicologo James Hillman analizza le implicazioni profonde della metafora mitologica che, come è evidente dai fatti accaduti, riguarda anche noi creature del XXI Secolo. La violenta usurpazione della Natura, lo sfruttamento inconsiderato delle sue risorse, hanno violato le leggi dell’equilibrio, e ora il dio satiresco-caprigno-fallico desidera ammonire il mondo castigando la sua visione razionalistico-materialista. In campo onirico, l’incubo dello svelamento della propria fragile nudità, stravolge ogni sicurezza diurna e obbliga a fare i conti con le peggiori paure per la sopravvivenza.

Abbiamo violato i santuari del selvaggio con la presunzione di tradurre l’oscuro in luminoso, asfaltando i sentieri dell’inconscio con le formule matematiche. Pan risorge a mostrare il lezzo pericoloso delle verità naturali. L’esposizione diretta a Pan diventa panico. Il romanzo racconta le diverse reazioni di donne e uomini esposti alla sconvolgente visione di Pan.

L’Uomo perde ogni sicurezza quando è preda di un dio. In Eros impazzisce di desiderio, in Marte diventa guerriero, in Pan si smarrisce e delira. Nella natura di un dio c’è bizzarria, grandezza superiore, per cui tradurla in romanzo comporta la creazione di un linguaggio spregiudicato. PAN racconta una commedia sofisticata che è una sorta di piece in prosa, alla Carnage (film di Roman Polanski, tratto dall’opera teatrale Il dio del massacro di Yasmina Reza), non senza sfumature nere di umorismo, come di declinazioni esistenziali, che portano il lettore perfino a ridere di noi, dei nostri tic da quarantena, della nostra presunzione troppo umana di fronte agli imprevisti.

Se si può ridere di tutto, meglio farlo delle cose che ci preoccupano. Ne viene fuori un libro agile che si legge in maniera attiva e scorrevole grazie alle vicende e agli intrecci dei personaggi e che, terminata la lettura, come ogni commedia nera o come ogni tragedia divertente, lascia in eredità alcune domande sotterranee che sono sempre meglio delle parziali e atomizzate risposte ossessivamente proposte ogni volta che si accende la TV o la radio, o si naviga sui social.

Per me autore, in quanto medico, la pandemia è stata come essere stato chiamato sotto le armi, andare ogni giorno al fronte, cercare di aiutare i malati, non solo fisicamente ma anche sul piano della contaminazione psicologica, che è il male sottile di questa guerra mondiale. Per Audisio, autore letterario, ha significato un’avventura artistica alla ricerca del bello lessicale e del senso profondo del vivere.
Federico Audisio di Somma
Torino, dicembre 2021

